01/11/12

i viaggi che fanno le persone





ecco che arriva Raimondo
otto meno un quarto
un uomo giovane ben vestito e un bel viso solare
è di palermo
quando mi vede si mette subito sottobraccio
andiamo insieme al tavolo
alessia- vero?
partiamo bene: il mio nome lo ricorda
si ricorda anche dell’amico mio riccioluto
-è l’amico mio
dissi quando gliene parlai la prima volta mesi fa
e lui notò argutamente che non avevo detto “un mio amico”
ma “l’amico mio”
ride ricordando di questa minima differenza verbale
che poi tanto minima non è
come spiega lui con fare da insegnante colto (tipico siciliano)
-perché dire: è un mio amico o è il mio amico
non rende così bene l’idea
dell’amicizia e soprattutto del possesso
così come quando si dice invece: è l’amico mio
vero ineccepibile incredibilmente azzeccato!
la conversazione è brillante
la sala è semivuota stasera
la pioggia scoraggia tutti
clienti e camerieri
sono tutta per lui
ne è entusiasta
passiamo al menù
ordina
fusilli con zucchine
pollo e spinaci
frutta
quando arriva la pasta ad uno sguardo veloce si sente di dover chiarire
-non solo zucchine- c’è anche la panna..
-si è vero in effetti…
mi racconta le peripezie affrontante per arrivare qui
mi pare di capire che viene da un magazzino a leonardo da vinci
gli piacciono le mie treccine
mi chiama fata
però poi confessa un po’ malinconico:
appena incontro una ragazza che mi piace la perdo
(faccio le corna sotto al tavolo)
-venendo qui ho fatto conoscenza con una ragazza
molto carina
si allacciava gli stivali lungo il marciapiede
abbiamo scambiato due parole
però poi dovevo venire qui e non ho preso il suo numero
però gli ho dato il mio biglietto da visita
anzi dopo lo darò anche a te
(grazie!)
beh comunque sono un inconcludente
da sempre-
mentre racconta gli occhi vanno un po’ verso di me
un po’ verso la gente che passa
ma in realtà il suo sguardo vivace ed intelligente
è rivolto all’interno
all’interno della sua storia
dei suoi occhi azzurri
delle sue scarpe bagnate
mentre la conversazione salta di palo in frasca
mi prende la mano
d’istinto vorrei toglierla perché non mi sembra opportuno
e perché non amo il contatto fisico così prematuro
ma poi ho la sensazione che stavolta la mano debba proprio rimanere lì dov’è
quindi lascio che la mia mano fredda e ossuta
venga sepolta sotto la sua bollente e paffuta
gli chiedo di palermo
dice che dopo averci vissuto trent’anni
si è stufato ed è venuto via
vuole vedere altre città altri paesi
non si può vivere tutta la vita in uno stesso posto
non si cresce così
non si va da nessuna parte
mi racconta di una frase che l’ha colpito all’aeroporto
-non sono le persone a fare i viaggi: sono i viaggi che fanno le persone
boom!
bellissima e vera
è un libero
è un socievole
sta stretto ovunque
dice che è nato a torino in realtà
mi incuriosice
gli chiedo come è andata la storia
sua madre (siciliana e bellissima) viveva a torino da molti anni
suo padre si fa un weekend a torino con un paio d’amici
si conoscono
lui perde la testa e la comincia a corteggiare
a distanza
lei all’inizio se lo fila poco ma poi crolla
chiedo io: con cosa l’ha poi sedotta tuo padre?
-e che ne so! io non c’ero!
…beh forse con il pianoforte
!
mio padre è un bravissimo pianista
fa jazz-
mi dice anche il cognome
-lo puoi trovare anche su internet
ma quando si è poi fidanzato con mia madre
lei è stata molto chiara
e lui ha trovato un lavoro alle poste
-….ecco
io sono nato a torino e poi ci siamo trasferiti tutti in sicilia-
mi piace il racconto e starei ad ascoltarlo per ore
ma mentre mi racconta le sue origini
si perde nel racconto e
mangia molto lentamente
talmente lentamente
che sono costretta a mettergli un po’ di fretta
che maleducata che sono!
ma vedo che i tavoli si sono svuotati nel frattempo
e siamo rimasti soltanto io e lui
stanno riordinando e cominciando a passare lo straccio sul pavimento e le pezzette sui tavoli
vorrei fargli cento domande
sapere tutto di come vive se sa suonare se gli manca la sua famiglia o se vuole altra frutta
la conversazione mi piace e
per una volta non c’è il dubbio del chi pagherà la cena
o del dover “fare alla romana”
vorrei restare ma
devo andare e anche lui

-la mensa dei poveri chiude alle otto e un quarto

e ognuno di nuovo per la sua strada
bagnata e misteriosa
ognuno di nuovo da solo con i suoi sogni irrealizzati
dubbi ingarbugliati
disagi smascherati
magazzini umidi
demoni finti o reali
case riscaldate
marciapiedi di marzapane
stivali di belle donne
spazi ridotti
viaggi mai fatti




(roma 1.11.2012)

2 commenti:

  1. Scusa se commento sempre ma ti leggo con tanto piacere, e questo racconto è bellissimo e commovente e lascia il desiderio di sapere tanto di più.. come una bella canzone
    marilicia

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