23/07/12

roma- ostia




ogni rigo
ogni passo
ogni pensiero
ogni euro speso
mi matura
mi tocca
mi spetta
mi scocca
puntuale e seria
devo stavolta aver scordato
qualcosa
qualcosa di importante
porca miseria
e non ricordo altro che te
laggiù
distante
nel frattempo
nel frastuono
nel me di te
devo aver dimenticato
dove ero io
e devo aver dimenticato
e mi sembra impassibile
che non c’era anima viva
a preoccuparsi
occuparsi
mantenersi
di me
questo ho dimenticato
per tutto quel tempo
che è il mio passato
vabè
dimenticarsi di sé
che male c’è
niente di più facile
niente di più crudele
niente che non sia già stato fatto
niente di più disumano
e senza ri(s)catto

ma ora sono in treno
non mi importa più di niente
se non di guardare
fuori dal finestrino
attenta a schivare tutta l’altra gente
ogni tanto mi si avvicina
qualcuno
faccio simpatia si vede
a più d’uno
ma io sono lontana chilometri
e non ho voglia di
parlare aprire scottarmi
avere ancora a che fare con i miei
limiti
quindi
giù gli occhiali
su il cappuccio della felpa
niente lucidalabbra
non voglio interagire
mi sento solo molto stanca
sì viaggio da sola
e non ho paura di nulla
ho trentacinque euro  in tasca
una penna
un quaderno
un pezzo di pizza
bianca
mi basta
per essere illusa
uno straccio di serenità
una volta tanto
lo acciuffo su questo
treno malconcio
gente in transito
da roma a ostia
ed io non posso dimenticarmi più
quanto invece la vita sia tosta




(roma 21.7.2012)

16/07/12

200 euro se NON ti spogli






faccio musica. canto, scrivo e suono il pianoforte. da sempre. ho fatto concerti su bei palchi, tournè e dischi di cui sono fiera. sono contornata da musicisti bravissimi. non è che non so fare nient’altro, è che la musica mi salva costantemente. dall’alcol e da tutto il resto. amo il soul, il blues, il jazz, insomma la musica afroamericana. e me ne scuso da subito. 
ore 10.00. squilla il telefono: è alessandro, conosciuto tempo fa, gestiva un locale e gli piaceva il soul. mesi fa mi venne ad ascoltare in un locale, presentavo un repertorio a cui avevo dato il titolo “tra il bianco e il nero”,  a sua detta “fantastico”. dopo complimenti ed entusiasmi mi chiede se sono libera per suonare in un posto sul mare con cui collabora abitualmente, a fregene, dove richiedono musica dal vivo. offrono cena e 200 euro. si sono libera, vengo in duo con un chitarrista. va bene. ah, un’altra cosa, dovreste entrambi vestirvi completamente di bianco. ok! io e alberto, valido chitarrista pugliese di reputazione certa (alberto p.), ci incolliamo chitarra-amplificatore-piano-asta-microfono-vestiti bianchi e partiamo verso il levante. 
il posto è veramente un sogno: stabilimento elegantissimo sul mare, piscina a filo pavimento, poltrone e divani bianchi, tavoli apparecchiati con gusto e calici di cristalli, tende bianche, palco piccolo ma carino (e anch’esso tutto bianco), un tramonto toglifiato sullo sfondo. perfetto per il mio stile. pensavo. ci accoglie ulisse. e’ il nostro referente della serata, il sostituto della persona che mi ha ingaggiato, è simpatico, sorridente, ventenne. ci dà una mano con gli strumenti ma ci lascia carta bianca sul sound check perché non è pratico. ci sono solo due piccole casse che amplificano il suono verso l’enorme sala ristorante, nessuna spia per noi purtroppo, ma già so che i volumi dovranno essere contenuti e quindi non mi preoccupo più di tanto. finito il sound check sono di nuovo un bagno di sudore. 
ho solo voglia di darmi una rinfrescata, di mettermi i miei elegantissimi panni bianchi e di trasformarmi perciò da “la ragazza che canta” alla “cantante”. ah dimenticavo, e di un bicchiere di vino bianco. ghiacciato.
chiedo il camerino o un bagno per cambiarmi e truccarmi e ci mandano, sempre scortati dal solerte ulisse, in una cabina comune, con doccia, pavimento bagnato dalle precedenti docce, niente sapone, niente asciugamani. ma che fa, faccio musica, soffio note, racconto la mia storia con la mia voce! mi sfilo ciavatte jeans e canotta, esco da quella cabina che in confronto ava gardner era una coatta. ho scarpe alte da donna, gonna di lino bianco di mia zia finissima e camicetta di seta bianca. non si può certo immaginare che io non sia almeno una principessa. ulisse ci fa strada verso il tavolo a noi destinato e io spero sia uno di quelli sulla spiaggia. ci fa entrare invece da una porta dietro la cucina, passiamo attraverso un disimpegno pieno di buche e ci porta in un’altra stanza ancora: roba per terra semirotta, tre quattro tavoli di plastica vecchi e sporchi, puzza di immondizia. ???? ecco possiamo mangiare qui. scusa? si, mi dispiace, fa ulisse, ma non vogliono che si vada di là….. “???!!! il  mio amico chitarrista storce un po’ il naso e di certo io non faccio nulla per raddrizzarglielo, infatti anch’io mi sento a disagio e non tarderò a dirlo. intanto ulisse fa tutto, si scusa, sorride, ci serve lui stesso i nostri scrausi piatti, però mancano ancora le posate e da bere. facciamo chiamare la cameriera e le chiediamo del vino. perplessa ci confessa: devo chiedere di là. 
anche noi siamo perplessi perché sapete il vino, come il sorriso, non si dovrebbe mai negare a nessuno. chiariamo che comunque se è un problema, il vino lo paghiamo a parte. mossi a pietà ci portano due bicchieri di vino. mettiamo a posto gli spartiti e facciamo la scaletta: prima parte un po’ più soft perché le persone stanno cenando e dopo un po’ di soul. bene. arrivano due miei amici autorizzati (beati loro!) a cenare nella sala ristorante con le altre persone. ci vediamo dopo! ok. tra dieci minuti cominciate. perfetto! non c’è luce sul palco e io non riesco a leggere gli spartiti, ma fortunatamente c’è un gentilissimo cameriere che mi porta una lampada da terra che risolve il problema. un centinaio di persone eleganti cenano e parlano tra loro. 
hanno vista stupenda, pesce e ora finalmente, buona musica. 
mi presento e comincio a cantare i più bei brani della tradizione jazz “you go to my head….lady da…….don’t go away mad…..per te grandissima ella…..gee baby…faccio persino un solo di cazoo…..e anche se la gente è parecchio disattenta questo ancora non mi scoraggia. ulisse un paio di volte va al mixer e abbassa il volume del mio microfono già molto molto basso. ci sono due tre uomini sempre in  piedi che deduco siano i proprietari anche se non mi sono stati presentati. uno di loro ad un certo punto rigira bruscamente una delle due casse (che servivano a noi anche da spia) verso l’esterno, spostandola (con fare scocciato) dalla zona dove le persone sono sedute. ??. non mi piace ma vado avanti e cerco concentrazione tra gli accordi di ellington. mi siedo al pianoforte e dopo la parentesi jazz, sono pronta per il blues. attacco il pezzo storico della regina aretha franklin “never loved a man”. sono sempre emozionata quando lo faccio. ulisse si avvicina e ci dice qualcosa (che non sentiamo) mentre suoniamo e va per abbassare ancora il mio microfono che ormai, al livello a cui si trova di volume, ha perso la sua originaria funzione: amplificare il suono. comincia ad essere tutto veramente un po’ strano e a mio modo provo ad essere spiritosa e adattarmi alla situazione non proprio felice. scanso del tutto il microfono dal mio viso. “ora faremo un po’ di blues e sentirete come veniva cantato in origine”, senza microfono.” robert johnson si impossessa di me. non posso più farci nulla. 
e’ il blues. esce la mia voce libera e piena, non m’importa se mi si sente troppo o troppo poco, non importa più nulla. mentre suoniamo ispirati e coinvolgenti arriva ulisse con il braccio teso (che vorrà mai ancora?!), mi passa il suo cellulare dicendo che “barbara” mi deve parlare. spero di aver vinto 10.000 euro al grattaevinci ma invece barbara è l’assistente del tipo che mi ha ingaggiato. con voce tremante e sgraziata mi dice “senti …scusa…il proprietario del locale si è lamentato, potreste fare un altro ….repertorio?”. ora è un po’ troppo. ripasso il cellulare ad ulisse già pallido come un cencio, mi giro verso il mio chitarrista alberto e fermiamo tutto. stacchiamo i cavi, dò un ultimo sorso al mio sudatissimo bicchiere di vino e riprendo il microfono (accertandomi che il volume sia di nuovo alto). saluto il pubblico, ricordo i nostri nomi e aggiungo “mi spiace che il proprietario del locale, che non ho avuto il piacere di conoscere, si sia lamentato del nostro repertorio, purtroppo dobbiamo andare via perché non graditi ma ringrazio le persone che ci stavano ascoltando. ah, e questo è il mio disco per chi fosse interessato”. ulisse disperato comincia a pregarci di calmarci e poi sparisce col suo telefonino nel buio della spiaggia sotto un cielo stellato, ogni tanto ricompare ed è in singhiozzi. domani va all’anagrafe e cambia il suo nome in “mario”. carichiamo gli strumenti in macchina e poi mi dirigo verso quel che resta del povero ulisse. 
la voce è poco ferma ma la mente non traballa. quello che voglio è  solo andare via, si, ma non prima di aver riscosso il dovuto. gli chiedo il nostro chachet e lui alzando le braccia dice che non è autorizzato a pagarci. hmmm….non sta dicendo sul serio. Q”posso parlare con il proprietario? “er proprietario sono io” una voce cupa in basso a sinistra. “mi scusi lei …è?” “non importa chi so io.” “salve, io ho bisogno di avere il nostro cachet e poi possiamo andare” “te lo do io er cachet, ma pel mal de testa”- mi sale un pochino di rabbia ma non scordo il mio intento: prendi i soldi e scappa. insisto “senta non complichiamo le cose…” “chittaddetto de interrompe la serata? tu pemmè non hai fatto il tuo lavoro”. “io stavo facendo il mio lavoro e mi è stato detto che non andava bene…la prego, non mi costringa a gesti estremi”. il tizio continua a guardare lo schermo del suo telefonino e aggiunge “c’hai presente il cancello dove sei passata prima co la pianola? beh, riprendilo, vah!”. mi vedo costretta al gesto estremo, uff lo sapevo. chiedo a chiara di tenermi un momento la borsa. 
ho deciso: MI SPOGLIO. per protesta. è tanto che lo minaccio ma non speravo funzionasse così tanto. vado verso il centro della sala piena di gente ben vestita e ancora seduti ai tavoli, mi comincio a spogliare. mentre mi spoglio dico ad alta voce (e senza microfono) “il proprietario del locale non ci vuole pagare i 200 euro che ci spettano. è una vergogna e un’ingiustizia.” VIA LE SCARPE. “siamo arcistufi di essere trattati peggio degli animali!”. VIA LA CAMICETTA.. un cameriere cerca di afferrarmi e i due proprietari arrivano da destra. scappo come un uccellino spaventato e mi vado a mettere sul muretto che separa dalla piscina. in piedi, mentre smanetto con il bottone della gonna dico “voglio solo il cachet pattuito perché paghiamo le bollette come tutti voi!” VIA LA GONNA. urlo ancora in mutande e reggiseno “e io sono di buona famiglia!”. mentre mi slaccio il reggiseno arrivano una serie di energumeni da tutti i lati; sembra un film porno ma invece credo mi vogliano menare. mi afferrano un polso. “mi lasci immediatamente il polso o finirà nei guai in pochi minuti!” “voglio solo i miei soldi” mi siedo al centro della sala seminuda con le mani sulla fibbietta del reggiseno. in quella sala, non c’è mai stato così tanto silenzio e attenzione nemmeno quando è venuto a suonarci eric clapton. “viè dentro che ti do i soldi” “NO. io i soldi li voglio qui e subito altrimenti SLACCIO!”. uno dei proprietari prende alla svelta un rotolino di un po’ cinquantaeuro e me lo mette in mano. qualcuno dice “è matta”, qualcuno commenta a bassa voce, qualcuno applaude. nessuno interviene. mi rivesto ma ci vogliono ancora trattenere, fingono di chiamare loro i carabinieri non ricordandosi che la loro posizione (non pagano la siae, non pagano i musicisti, mettono le mani addosso alla cantante) di certo non è favorevole. i miei amici mi stanno intorno e mi sostengono. ritorno verso la sala ristorante e urlo “mi vogliono trattenere. c’è un avvocato in sala??”. silenzio. mi tremano le gambe. ci dirigiamo verso le macchine seguiti dai tre loschi individui biancovestiti. continuano gli insulti da parte dei biancovestiti, insulti che non riferisco perché dopo tutto io, anche in mutande, sono una signora. la mia amica finisce in singhiozzi. il suo accompagnatore per poco non fa a botte.

mi chiedo per quanto ancora regnerà l’ingiustizia, quanti artisti come me fanno la fame e praticano l’astemia forzata, mi chiedo dove finiranno mai tutti gli artisti fantastici che giornalmente vengono massacrati dall’ignoranza e soprattutto, mi chiedo, quando sono i prossimi provini per x factor. dicono che a me non mi ferma niente e nessuno. bella cazzata. mi ferma l’ignoranza, la sciatteria d’animo, la stupidità, il disinteresse.

volevamo solo soffiare note sulle vite polverose delle persone.

la piccolezza dell’animo umano ha ancora una volta coperto il cielo come una nube oscura.

il lato ironico della serata: che botta alla mia femminilità! 
hei l’italia è un paese di donne che si spogliano e di uomini che pagano per questo. io alla fine sono stata pagata si, ma non come compenso per il mio lavoro, bensì per evitare che mi spogliassi. non sarò più la stessa. ma manco loro.



ps.
personaggi e fatti sopra citati sono aimè del tutto veritieri e non frutto della fantasia dell’autore.











(roma 15.7.2012)

13/07/12

quanto può far male il ventilatore




trattoria perugina
gnocchi e fettuccine al sugo
quattro amici e serata divina
ad un tratto sento un botto
hei è proprio nella mia testa
il ventilatore si è staccato dal muro e m'ha fatto la festa
viso graffiato
ghiaccio nel canovaccio
lamentele e indignazione
unico vantaggio:
offre la casa a tutti e quattro
ora sarò pure più rintronata di prima
ma almeno ho evitato di sacrificare
il solito povero scarafaggio
buttato nel piatto a fine pasto
per evitare il rischioso e temibile momento
di dover pagare il salatissimo
conto 



(roma 13.7.2012)

09/07/12

culo






bar anonimo
tarda mattinata
cappuccino scuro
e di fronte a me
l’appena conosciuto
dopo deboli descrizioni della sua arte
dice
-posso farti una domanda anche se penso di sapere già la risposta?
io attendo ingenua aperta e un po’ perplessa
l’appena conosciuto mi fa senza esitare
-ti piace il sesso anale?



solitamente nota
per la velocità della battuta
per la risposta sfacciata
e perché tutto mi sembra più facile di una frittura
confesso che stavolta
sono rimasta come una patata
eccoci qua
noi ggiovani
moderni
liberi
disinvolti
perdenti
nello zaino il terrore da coinvolgimento
e un po’ di sfrontatezza
per sicurezza
nella tasca sul retro
e così perdiamo il meglio
non ci ricordiamo perché abbiamo iniziato il viaggio
hei era tutto partito da un sogno!
ricordate?
timorosi
ci avvicinavamo
all’altro
con un dolce dubbio
ci saprà calmare con baci e passione
o ci getterà invece in un mostruoso inferno
tutto lì
il brivido dell’incontro
e invece ce ne priviamo
ce la facciamo sotto!

forse ho capito male
forse l’appena conosciuto mi ha chiesto
ti piace il sesso al mare? ti piace il sesso a natale?
no no ho capito benissimo
e quindi all’appena conosciuto
non rispondo affatto
la domanda non è pertinente
l’unico testimone è assente
il soggetto non è interessante
mi sistemo dunque gli occhiali da sole
giro le spalle
prendo la mia strada
continuo la mia gita
non sono sicura di esser stata chiara
ma di certo
date le inculate che prendo
la risposta alla sua domanda era senz’altro
negativa

più veloce di superman
l’appena conosciuto
si trasforma in
l’appena scaricato

in soli
3 secondi
5 parole
2 metri
4 passi
ha lasciato andare
l’unica
vera
efficace
affidabile
vincente
sempreverde
alternativa
al sembrare demente

tacere e fingere
con la complicità del salvifico silenzio
di essere interessante

ps.
detta tra noi poi
ti sembro forse
solo
un
culo?
io sono agile come un ladro
volatile come le bugie
limpida come il collirio
forte come l’aceto
inspiro smog ed espiro profumo di neonato
cammino sul fuoco
e se voglio
addirittura
mi spoglio
posso farti ridere e divertire
ma finirai col piangere se solo sbagli le parole
decisamente
stanne sicuro

non sono
solo
un culo






(roma 9.7.2012)

capisco tutto




capisco tutto
capisco che hai sofferto molto
e che persino il tuo utero
sembrava confidarti
non sono pronto
capisco che non c’erano soldi
capisco che non avevi quello giusto accanto
capisco anche che non vedevi soluzione
anche se una soluzione c’è sempre
d’altro canto
capisco che ti aspettavi una vita diversa
vacanze esotiche
una casa accogliente
bei vestiti
una f(ami)glia obbediente
e invece niente
nemmeno una è t’andata secondo programma
capisco che passare dal lusso al buffo
possa esserti sembrato un vero dramma
io
sai
questo problema non l’ho avuto mai
non ho mai visto una lira allora
e oggi arrivo a fine mese ancora con l’acqua alla gola
ma io capisco tutto
capisco che eri troppo bella
per occuparti delle mie rogne
capisco che era estremo
il gesto che ti chiedevo io
ma tu eri uno sottile stelo sollevato nella tempesta
e trallaltro nemmeno credevi in dio

capisco tutto
e capisco anche
che mordo l’aria
dalla fame che ho
da te
non è mai arrivato
un solo
frutto





(roma 9.7.2012)

06/07/12

liberami



liberami
anche solo per un’ora
tra queste maledette sbarre non passa un filo d’aria
ho bisogno di toccare i fiori
fiori che ho sempre schifato e odorare la terra
bere acqua da una fontanella
baciare un uomo simpatico
preparargli una panzanella
liberami
non ho fatto male a nessuno
e sto dentro per un malinteso oscuro
qui mangio di schifo e dormo pure peggio
faccio incubi e ho pure avvistato uno scarafaggio
abbi un po’ di compassione
non vedi come sono pallida
ho le unghie lunghe
i peli sulle gambe e una gran brutta ricrescita
liberami
fammi uscire per una sola giornata
giusto il tempo di scrivere il mio blog
farmi una ceretta
e una telefonata troppo a lungo
rimandata
liberami
te ne sarò riconoscente
per sempre
ho voglia di bere latte con il succo d’albicocca
mentre spalmo sul pane due tre centimetri di nutella
di litigare e far pace con un mio amico caro
mettermi a contrattare a porta portese
solo per lo sconto di un euro
qui è molto buio
umido
mi sento mancare
bloccata in tre metri quadrati
privata dei miei diritti naturali
sospesa tra la verità e la mia verità
non ricordo nemmeno più come è fatta la realtà
liberami
lanciami le chiavi di questa cella
non lo vedi quanto sono bella?
lasciami andare via

che sciocca
non me n’ero accorta
la porta è aperta

la prigionia
solo un’idea
mia





(roma 6.7.2012)

01/07/12

di certo non mi manca il calcio




di certo non mi manca il calcio

un tempo lontano
anch’io ero
bambina
incosciente
tifosa
ma poi per fortuna ho fatto tanta strada
smagliature si sono disegnate sulle mie cosce
rughe d’espressione intorno agli occhi
saggezza ha preso il posto di bellezza
anch’io una volta andai allo stadio lo confesso
e tifavo urlando come un ossesso
ma mi si può perdonare
ero giovane e seguivo le orme di un adulto a me caro
senza esitare
ma ora invece sono tutt’altro che appassionata
due terzi del tg1 parla di calcio
mi chiedo se sia una droga
una passione
o una follia
quello che è certo è che non si tratta di sport
quello proprio no
i maschi che conosco non vedono la partita
quelli che non conosco li osservo al bar
appena c’è un goal della loro squadra preferita
lanciano versi indistinti e le vene sembrano schizzargli fuori da occhi e collo
uno spettacolo disumano
orrendo
quanta frustrazione in quelle vite
vorrebbero essere il balotelli di turno
correre in mutande e piazzare un goal
togliersi la maglietta ignari di sembrare scimpanzè in calore
mostrare i muscoli in segno di potere
consapevoli che ad aspettarli ci sono comunque
sul divano: una megagnocca ventenne reduce dalle selezioni di “veline”
sul conto: una cifra appena sufficiente per comprarsi una ferrari e una casa alle sei(a)scell
fuori dallo stadio: fans in delirio che pur di scattare una foto da postare su facebook leggerebbero tutto d’un fiato persino un libro di narrativa
gli orrendi individui qui incriminati
i calciatori
sono oltretutto analfabeti e sgraziati quando intervistati
quindi
mi chiedo
come mai sono così tanto osannati?
quale donna non si vergognerebbe di presentarsi ad una festa con un…totti?
ah ilary
giusto
beh il gran fascino lo aggiungeranno i soldi
molti molti molti
soldi

sere fa ero su un’isola incantata
una terrazza meravigliosa
gli occhi si riempivano di un mare sconfinato
intorno piante e fiori coloratissimi
un cielo stellato e limpido
e un enorme televisore al plasmon
tutti imbambolati di fronte al partitone italia-germania
propongo a una bambinetta di 8 anni dotata di sensibilità fuori dalla norma
di scendere in spiaggia a guardare insieme le stelle
le brillano gli occhi
educata e devota
chiede il permesso al padre che
con occhio vitreo assente e diretto verso lo schermo risponde
no
non vedi che c’è la partita?
nessuna possibilità di replica
non si va nemmeno ai rigori

partita di calcio / stelle= 4-0

ecco


dicono che sia sport
ma è sport gonfiare di botte i tifosi della squadra avversaria?
è sport sparare ad una bambina di dieci anni e ridurla in fin di vita per aver voluto festeggiare con una pistola?
è sport accettare una barca di soldi per pilotare l’andamento di una partita?
dicono che sia sport

chi detiene il potere
ha l’obbligo morale di lanciare messaggi di valore
su quelle magliette
invece che il numero e il nome
ci scrivessero frasi
tipo
sono gay
oppure
salta e la rete apparirà
o anche
se sei sportivo non alzare un dito
o magari
duro con il pallone morbido con le signore
e anche
stevie wonder viene subito dopo l’allenatore
e così via
messaggi che detti da personaggi così influenti e stimati
avrebbero un effetto sui tifosi
male di certo non farebbero agli animi frustrati e inquieti del pubblico
ma invece nessuno lo fa
perché l’importante è fare goal
arrivare allo scopo più velocemente degli altri
competere e guadagnare più punti (e soldi)
sudare e correre e controllare il punteggio sullo schermo

oggi ho tenuto la porta ad un uomo disabile che vive nel palazzo
ho scambiato due chiacchiere e quando vado per salutarlo lui aggiunge
e forza italia!
non ce l’ho fatta proprio
non gli volevo rovinare la giornata già aggravata dal caldo e dalla sua condizione
ma sono tornata indietro e ho chiarito acida
per me il pallone è quadrato
lui incredulo mi ha confidato la lista delle tre cose che più gli piacciono al mondo
e ha specificato
in ordine di importanza
(!)
il calcio
la buona cucina
le donne

voglio dire
la tua tragica condizione fisica e le tue notevoli disponibilità economiche
unite alla cultura e alla possibilità di viaggiare
non ti sono servite a un cazzo?!
m’hai srotolato i tre luoghi comuni e capisaldi del nostro paesano paese
calcio magnà e fica
uff
che noia mortale
ho bisogno di bere

ho notato anche che ultimamente i calciatori
curano il look
tatuaggi e pettinature alla moda
molti di loro oltre a correre in mutande dietro a una palla
arrotondano lo stipendio
posando per riviste fashion
altri tolgono il lavoro ai doppiatori più esperti
altri ancora aprono locali trendi
fiorde di ragazzini si immedesimano nei calciatori
molto di più che nei cantanti o negli scrittori o nei pittori
giustamente
e tristemente
immaginano una vita impregnata dalle 3 “s”

lo sport è un campo su cui allenare si le gambe
ma soprattutto molto altro
la passione
la tenacia
l’allenamento
la forza di volontà
la sicurezza in sé stessi
la voglia di giocare secondo le regole
la correttezza
la voglia di vincere (che non corrisponde a quella di battere l’avversario)
la resistenza
la capacità di controllo e l’osservazione della tattica avversaria
il carattere


se mi nasce un figlio maschio
la prima volta che dà un calcio a un pallone
giuro che lo gonfio così tanto che stenteranno a riconoscerne il corpo






 (roma 1.7.2012)