26/07/13

l'arte di piangere in coro



farò una specie di recensione
leggo tanto e come tutti
uso anch'io
le
parole

parole
questo è quasi sempre tutto quello che in vita davvero abbiamo
quello che abbiamo per dire di noi agli altri
parole che convincono illudono consolano e parole che ti tagliano a metà
come scordare quella volta che mia madre mentre cucinava mi disse…..
ricordo quando mio padre mi portò al mare e mi disse…

affascinante morbosa e un po’ repellente
l’immagine dei quattro che cantano a squarciagola e piangono mossi dall’emozione del canto
sdraiati su patologie in erba e parole non dette
un ragazzino molto sveglio e la sua adorazione per il padre
un padre disturbato depresso e scostante
una madre accogliente pur se incosciente
una sorella maggiore quasi maggiorenne e già piena di cicatrici
ma questa è soltanto la
mia
descrizione
della famiglia
chi può del resto giudicare una famiglia da fuori?
il giovane narratore della storia
nella mia descrizione non riconoscerebbe affatto la sua famiglia
mi correggerebbe anzi:
un padre forte e dotato di una magia che incanta le persone
una madre dolce e sempre presente
una sorella schiva e un po’ strana ma anche l’unica a saper di certo come consolare papà quando sta male
punti di vista
un uomo depresso
un uomo violento
un uomo attratto e geloso della propria figlia
può essere amato?
naturalmente (o innaturalmente)
si
infatti viene teneramente amato temuto e protetto
persino adorato
a lui è consentito l’inconsentibile
il resto della famiglia “lavora” per tenerlo tranquillo
il coro costruisce accordi in modo tale che
al solista
sia lasciata la possibilità di far emergere il suo talento più grande
incantare gli ascoltatori con il suo canto
un canto di parole
parole perfette per alleviare il dolore
il dolore per la perdita di persone care
parole che producono vanto orgoglio soldi e soprattutto pubblicità per il negozio di alimentari
figlio madre e sorella maggiore
un coro di affetti perfettamente intonato
incoscientemente assecondano e coltivano la patologia
cercano di nascondere (non riuscendoci) le loro carenze e i propri bisogni

obiettivo comune: non far in alcun modo vacillare la serenità del solista
dall’equilibrio del solista
dipende il successo di tutto il coro
che il solista sia incapace di intendere e volere
non ha nessuna rilevanza affettiva

il legame di sangue può dunque tutto
me ne accorsi anch’io sulla mia pelle
e me ne spaventai
certe famiglie
come spinte dalla paura verso un esterno sconosciuto
fanno tutto all’unisono
piangono all’unisono
ridono all’unisono
mangiano all’unisono
pensano respirano all’unisono
amano all’unisono
distruggono vite
all’unisono

da dentro
da piccoli
ogni cosa può sembrare normale
quello che ti si dà da mangiare è buono
il letto su cui si dorme è morbido
una carezza sotto la camicia da notte è segno d’amore
ma come farà quel ragazzino a scacciare la rabbia?
a scacciare l’odio che prima o poi prenderà il posto della sopportazione?
l’odio verso tutti quelli che osano mettere in pericolo l’incerta stabilità del padre-eroe
quell’odio lo porta a cercare di eliminare tutti gli ostacoli
farebbe di tutto (e lo fa)
pur di avere la sensazione di avere accanto
un padre
quel padre che fuori dal suo coro verrebbe forse
additato
criticato
allontanato
curato
ricoverato
schifato
perseguito
denunciato
quel padre che invece è un eroe
all’interno del suo coro
e lì viene
giustamente o ingiustamente (chi se ne frega)
amato




l’arte di piangere in coro
di Erling Jepsen






(roma 26.7.2013)

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