non è chiaro come ma partirò dal mio nome “alesis” dal greco colei che difende ne vedrete delle belle e anche delle tremende no non è un blog è la mia arringa contro il flop chi mi ferma è spacciato chi mi segue è visionario
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30/07/19
HM prison pentonville - music behind bars-
rinchiusi racchiusi socchiusi
varco finalmente quelle mura
per quattro anni le finestre di casa mia si sono affacciate sul ridente filo spinato
di HM prison pentonville
cellulare/liquidi/oggetticontundenti-affilati/laptop fuori nel locker
con me una decina di inglesi di mezza età
bianchi e borghesi
come me stavo per dire
MA invece
le donne non hanno mai sentito parlare di
-andare dal parrucchiere a farsi du meches o che so una tinta-
capelli color topo o
se ancora più in là con l’età
grigi
che si intonano bene con le loro carnagioni
ocra
una di loro cerca di attaccare discorso con me parlandomi dei suoi cani ed io non ricordo come si dice in inglese
-hai toppato argomento di brutto e sei rossa in faccia dalla troppa birra e mi dai fastidio fisico e magari quando ti capita vai da un parrucchiere che diosololosa quanto ce n’hai bisogno-
mi rode il culo oggi
non so il perchè
caldo africano e mi mancano due tre persone all’appello
è una prigione maschile
una quindicina di prigionieri ripassano le canzoni
tute grigie magliette o canottiere bianche o nere
scarpe da ginnastica
quasi tutti neri o mixed race
ah e in forma (lo so è inappropriate)
il vibe è da festa domenicale in parrocchia
dopo 3 minuti mi scordo di essere nella cappella della prigione
dalle enormi vetrate multicolori della cappella entra una luce (pre)potente
ci sono tre o quattro guardie e due sono donne
scherzano con i prigionieri
io in prima fila
mi sventolo con il mio ventaglio giapponese
uno dei prigionieri
sudato fradicio ed enorme
si viene a presentare
si tampona il sudore della fronte con un fazzoletto di stoffa
ancora non lo so ma quello là dovrebbe stare su un palco al posto di busta rhymes
guidati dalla ‘music facilitator’ (lavoro a cui ambisco anche io da lì il mio interesse al concerto)
lo spettacolo inizia
i prigionieri si esibiscono in una body percussion
per poi attaccare a cappella ‘swing low’ che diventa un canone con sing sing
divisi in due gruppi
cantano
un gruppo contro l’altro
in armonia
gli occhi socchiusi
in piedi e a semicerchio rivolti verso il pubblico
i seguenti personaggi mi si schierano innanzi:
tre ragazzi neri sui vent’anni
belli e in canottiera bianca
uno ha l’apparecchio fisso ai denti
l’altro un dente d’oro
il terzo altissimo mi guarda in cerca di un mio sorriso
che gli concedo senza esitazione perchè ha uno sguardo dolcissimo
alla loro sinistra un ragazzo con treccine da età indefinibile tra i trenta e i cinquantacinque
alla sua sinistra un franco-congolese che suona anche la chitarra
sposto lo sguardo ancora più in là ed ecco il gigante sudatissimo che mi ha dato il benvenuto
ha l’aria di quello rispettato ed è il disinvolto del gruppo
accanto a lui un tipo che sembra siciliano completamente coperto di tatuaggi
poi un tizio bianco con un taglio profondo sulla tempia e parecchia droga in corpo e nelle pupille
accanto a lui un africano-induista con contieni-capelli nero e che a mala pena muove le labbra
poi c’è il fomentatore: mixed race tuta grigia rasato e la tuta arrotolata su per i polpacci muscolosi
tutti animali da palcoscenico: sciolti sorridenti ma concentrati
si muovono più o meno armoniosamente mentre cantano
agitano mani
braccia
gambe
chiudono gli occhi
viso al cielo (leggi=soffitto)
incitano gli altri ad alta voce durante gli assoli
qual’è l’ultima volta che ho sentito fare musica così?
il secondo pezzo
-higher and higher
il pianoforte attacca e ripete lo stesso riff per ben sei volte
non capisco cosa succede
i ragazzi si lanciano occhiate tra loro
mi accorgo solo ora di un ragazzo fino fino
bianco alto biondino e gli occhi azzurri
è schiacciato in mezzo al gigante sudato e quello coi tatuaggi
ha il microfono in mano ma lo tiene in basso
non si decide a cantare
eppure deve perchè è il momento del suo assolo …!
è tutto rosso in viso e sembra stia per avere un crollo
si strizza gli occhi con le dita
io stringo i pugni nelle mani sudate
gli altri intorno
quello coi tatuaggi
il congo-francese e il gigante
mantengono un contegno ma lo tengono d’occhio
sorridono
lo proteggono
continuano a muoversi
è racchiuso dal loro affetto
attaccano la sua strofa sottovoce come a suggerirgliela
a dargli coraggio
ma l’assolo è il suo
è lui che deve sfidare l’ansia e avere la meglio
il mingherlino dunque continua a guardare in basso
non si decide ad alzare la testa
la tensione cresce in sala
ad un tratto si copre gli occhi con l’avambraccio
ed è troppo
l’emozione travolge anche me: scoppio in lacrime
non sono certo da prima fila
mai stata
accidenti!
finalmente il mingherlino si mette a cantare
non è intonato
non è sul tempo
non canta nel microfono
ma giuro su dio:
canta
chissà chi ha ferito
offeso
tradito
colpito
in quella voce e in quell’avambraccio sugli occhi però
ora
c’è il suo dolore
che altro è fare musica se non questo
passare la propria storia a qualcuno che
come una madre paziente un padre amorevole o un pubblico sudato in una prigione
ascolta?
al terzo pezzo il tipo con le treccine non si contiene più
comincia a ballare travolto dal ritmo e ha le molle al posto delle ginocchia
stand by me
il microfono passa al gigante sudato
ho un fremito
ha un raschietto nella voce quando tocca le note alte e non sfigura al cospetto dei precedessori
tipo bob marley o sam cook
sto ballando sulla sedia e non so se sono sudata fradicia o sono lacrime
e so che -we must all cry, but must the tears be white?-
(cit. gil scott heron)
il bianco con il taglio sulla tempia
avrà forse 35 anni ma sembra un sessantenne
ecco arriva il suo momento da solista
non hai il senso del tempo e la tonalità è un optional ma
non so spiegare come
il palco è il suo elemento
gli occhi gli brillano
si muove sinuoso a ritmo di musica seguendo un tempo tutto suo
ha la voce di un angelo terrorizzato
la sua voce libera e potente esce dalla sua bocca
dal suo viso
da quelle guance mangiate dalla droga
sono ipno-ti-zza-ta
il fomentatore non acchiappa una nota che sia una
ma è così calato nella parte che
non riesco a togliergli gli occhi di dosso
fa le facce
fomenta il pubblico
sostiene i cantanti solisti con urla e salti
presenza scenica alle stelle
sono in-chio-da-ta
il gigante nero si esibisce ora in un duo
chitarra e voce
ha scritto un pezzo originale sull’amore
and it blows my mind!!!
lui il pezzo le parole la melodia è da urlo
è una hit
va registrata
sto fo-men-ta-ta
un mix tra rap giamaicano e pop orecchiabile
l’accento giamaicano è fortissimo e lui lo accentua di proposito
racconta di quando uscirà di prigione e farà finalmente l’amore con la sua donna
parla di libertà
di sbagli
il testo è lucido
crudo
onesto
divertente
romantico
tagliente
gli altri prigionieri dal pubblico urlano e cantano il ritornello come fosse il concerto di usher
la sala viene giù sull’ultima strofa dove parla di sesso!
la musica
cos’è per un recluso?
non è certo quello che è per me o per tutti quelli come noi
bianchi
privilegiati
ricchi
liberi
la musica è per loro l’unico corroio verso luoghi dove non possono andare
verso il passato
quando erano padri mariti figli amici amanti persone
verso il futuro
dove i loro figli e le loro donne li aspettano per accarezzargli le teste
quelle teste da
assassini
criminali
violenti
ladri
spacciatori
disperati
persone che hanno girato alla svolta sbagliata
li aspettano quelle mogli idealizzate che indossano Victoria’s secret
e non vedono l’ora di fare l’amore
con i loro uomini che sono stati in prigione
(londra 30.7.2019)
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