anche
solo 7 o 8 secondi
può
durare quasi niente e puoi aspettarlo per anni
poi
improvvisamente piomba lì dove sei tu
inaspettato
sfacciato e desiderato allo stremo
non
è possibile sapere né il perché né da dove venga
sarà
che ha ragione freud?
sarà
merito del liquido miracoloso e maledetto che annebbia il giudizio? sarà che
c’è un gran silenzio? sarà che riesco quasi ad andare a tempo con il mio
battito cardiaco? sarà che per una volta tanto
in
profondità
ascolto?
l’unica
cosa che so è che quando arriva
ti
costringe a chiudere gli occhi
come
di fronte ad un improvviso spasmo
ad
una luce troppo intensa
ad
un orgasmo
tutto
questo frastuono non è che il suono della storia
quel
suono ogni tanto preme contro le pendici del mio torace
fa
di tutto per uscire
è
la mia storia
la
storia delle mie mani sudate
delle
persone che ho deluso
delle
cose di cui sono stata capace
le
note che metto al mondo non mi appartengono più come prima ingenuamente mi ero
illusa
le
note
la
melodia
le
parole
il
respiro tra gli accordi
abbandonano
il mio corpo e si vanno a fare un giro
non
prima di aver fatto rizzare tutti i peli della mia sciocca pelle
rubano
poi tutta l’aria in sala
ammiccano
ai presenti
scompaiono
flebili e dietro di loro
un
arcobaleno di anticorpi
anticorpi
che risuonano come armonici
armonici
che proteggono come anticorpi
mi
mandano avanti nella bufera q.b. per non dire basta
ho
aspettato questo miracolo così tanto
giorni
mesi anni torturando le unghie di una mano e nascondendole dentro un guanto
club
che non pagano perché non c’è gente
sedicenti
musicisti che pur di non timbrare il cartellino imparano uno strumento
sound
check a tradimento e fonici dall’orecchio spento
cavi
scoperti e palchi sbilenghi
cene
senza vino e dignità
camerieri
proprietari clienti scontenti e senza alcuna pietà
no:
non credo in dio né all’amore eterno
ma
credo in quell’istante
quell’istante
è si
malfermo
ma
io confido che quell’istante da solo
possa
suggerire un nuovo modo di rimanere a galla dentro uno spietato mondo
quell’istante
pochi
secondi in cui penso
-ok
sono chilometri che cammino sotto il sole cocente
sono
stata sul punto di morire di sete e di accasciarmi a terra più volte
non
un passante né un mendicante su questa strada non asfaltata
ma
ora scorgo una fontanella
una
fontanella a pochi metri e la mia fine sarà quantomeno rimandata-
quell’istante
poi arriva ed è come vincere alla lotteria
eccolo
sbucare dal nulla durante un concerto
giorni
fa
un
po’ d’alcol un grande palco molti ricordi uno steinway ed io a quattrocchi
mentre
arpeggio tre accordi su una catena di sciocchi
la
mia voce si assottiglia e la saliva se ne va
mi
ritrovo a sorvolare su quell’ingorgo d’armonie
mentre
la folla numerosa sembra non esser nemmeno più là
quell’istante
infatti
quell’istante
sembra
nutrirmi più di qualsiasi madre
elettrizzarmi
più di qualsiasi partner
sfamarmi
più di qualsiasi trattoria
ricordarmi
che sono viva
che
la voce
la
pelle
la
storia
la
penna
che
uso
è
ancora
soltanto
la mia
disegno di Valerio Scarapazzi
(roma 21.1.2013)
Bel dialogo interiore.
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