non intendo
scrivere di ciò che io e te non faremo mai più assieme
scriverò piuttosto
di ciò che io e te abbiamo fatto
di ciò che considero
Dio
di ciò che
insieme al sangue
scorre per
sempre nelle mie vene
stesse
iniziali
stesso
cap e stesso indirizzo
stessi
colori
stessi
occhi grigio-azzurro
tu
dirai e smettila con questa storia non se ne può più
si
-qui
abbiamo tutti gli occhi azzurri-
dobbiamo
festeggiare
questo
è il primo pezzo del blog che leggerai da chissà dove
e
so che lo leggerai come sempre prima di tutti gli altri
di
fissazioni del resto ne ho sempre avute parecchie
chi
verrà al mio funerale? piangeranno? quanti saranno… che diranno?
tu
mi prendi in giro
e
tutt’ad un tratto
eccomi
qua a me a piangere al tuo di funerale
che
scherzo infame
non
scholae sed vitae discimus
basta
non lo voglio più sentire
l’ho
capita bene la lezione
me
l’hai ripetuto migliaia di volte
non
c’era addirittura bisogno di morire
che
scherzetto del cazzo
che
m’hai fatto
prendi
e senza un saluto
nel
tuo stile
te
la squagli di soppiatto
tu
lì sdraiato e pallido
nel
tuo vestito blu cobalto
il
viso sereno
il
sorriso beffardo
come
ti permetti un simile azzardo?
m’hai
fregato
m’hai
tolto tutto
ti
ho dimenticato
troppe
chiacchiere
troppe
siringhe
troppi
lividi
troppo
ossigeno indesiderato
tu
non respiri
io
litigo con tutti
tu
dipendi da una bombola
io
scrivo libri incido dischi suono in una bettola
tu
silente
io
un fiume di parole
tu
mi daresti ogni cosa
io
distratta non mi accorgo
che
è ora di cambiare l’acqua alla rosa
non
scholae sed vitae discimus
l’hai
già detto migliaia di volte
vieni
a dirmelo un’ultima volta in faccia
se
c’hai il coraggio e se veramente c’è vita dopo la morte
non
posso dormire
non
mi lasci andare
sterminata
la tua progenie
vorrei
ancora una volta soltanto
poterti
salutare
ma
qui tu te ne freghi
e
vivere è spietato
mi
ritrovo qui dunque da sola
nella
tua cucina
la
cucina dove ti hanno sdraiato su un materasso malmesso
certo
meno malmesso di te
(qui
tu diresti: ecco….)
ho
rubato la sveglia bianca
ricordi?
l’allarme per i dolci da sfornare
prima
ancora gioiello di tua madre
che
dolore cane
se
almeno fossi un po’ meno atea
adesso
potrei pregare
pronunciare
un mantra
dire frasi del tipo: ora finalmente starà bene
dire frasi del tipo: ora finalmente starà bene
cercare
la tua reincarnazione
mentire
invece
eccomi qui
disperata
non
trovo un nome per quel che mi capita
senza
fiato
senza
più te
e
di spiegazioni più che mai avida
ma
tu te ne freghi
mi
lasci qui a litigare con tu fratello
mentre
tu giaci qui a fianco già cullato dal sonno eterno
mi
lasci qui
a
sopportare persino il falsetto fuori luogo della nipote tua ormai straniera
a
sentire frasi dell’orrore
-dio
è giusto-
ad
accendere candele per ricordarti che io sono qui
anche
se non sempre ci sono stata
-la
cera potrebbe colare
rimango
di sasso
gli
imbruttisco
accidenti
sento
che la mano si sistema per organizzare uno schiaffo
non
riesco a mettere il mio misero foglietto
nella
tasca del tuo impeccabile completo
non
riesco a pronunciare che parole senza senso
al
capezzale del tuo mistero
ho
solo un po’ di righe e un braccialetto staccato dal mio polso
vorrei
poter allungare la mano e fare la mia mossa
ma
la bara mi fa paura
sarà
un miraggio
ma
mi sembra che tu respiri ancora
tu
io e la ricerca del maledetto tempo perduto
da
una madeleine
inzuppata
nel tea
parte
il ricordo
gli
odori e i sapori di quella cucina
per
sempre forgiano le mie raffinate narici e le mie esigenti papille
per
sempre nei ricordi di un’infanzia addolcita
da
quella stessa cucina
regno
tuo e di tua madre prima
proust
uno sconosciuto
-ma
come fai a leggere quel mattone?
sera
dopo sera
tu
mi avvolgi nella coperta dal disegno tigrato
io
già dormo
è
tardi
mi
prendi in braccio e mi porti da un piano all’altro
ora
io avvolgo te
ti
avvolgo in un piumino su un sostegno severo
e
tu già dormi
è
tardi
troppo
tardi
devo
lasciarti andare al tuo asfissiante destino prematuro
un
vecchio cammina di notte
parla
e urla con lo sguardo implorante volto al cielo
non
ha pace
non
trova le sue lacrime
non
vuole lasciarti andare
non
prima di lui
gli
sembra innaturale
chissà
che vita hai fatto
nessuno
lo saprà mai
calmo
inquieto
aperto
introverso
vivo
morto
sereno
incazzato
felice
depresso
che
nessuno osi però alzare la polvere
guardare
sotto il letto
aprire
i cassetti chiusi a chiave
indovinare
la password del tuo pc
quel
che ci era dato di sapere di te
sapremo
tutto
il resto
è
nascosto tra le pieghe dei tuoi fragili capelli color della cenere
sussurrato
al vento
svelato ai miliardi di pixel delle foto hai fatto
raccontato
da mille piatti fumanti
mascherato
tra le schegge del tuo umorismo
sparso
tra i tuoi equilibrati consigli
scritto
nei tuoi silenzi
(roma 3.2.2014)
Ciao Ale, molto bella questa poesia! Mi fa pensare ad una cosa che mi è successa di recente. Un mio caro amico, Stefano, è scomparso. Era venuto ai tuoi concerti, amava la tua musica, aveva il tuo album e ti aveva regalato un ritratto. Anche lui è andato via, improvvisamente.
RispondiEliminaFrankie